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Lo sguardo in divenire.

  • Immagine del redattore: Giulia Scocciolini
    Giulia Scocciolini
  • 16 nov 2022
  • Tempo di lettura: 2 min


Si presenta da me muovendosi con circospezione, cercando di capire dove si trova e decidere come comportarsi in questo ambiente alieno, lo studio della psicologa. La prima volta è difficile per molti, cerco di comunicarglielo con il sorriso. Indossa abiti dai colori scuri, ben sopra la sua taglia, mi chiedo se sia per una delle tante mode del momento oppure per qualcosa che vuole coprire.

Io per lei sono solo un altro adulto che vuole estorcerle delle cose che non è disposta a rivelare, perché quelle cose preziose da custodire sta ancora cercando di conoscerle lei stessa. Dietro il suo sguardo sfuggente trapela una nebbiosa tristezza, dovuta alla tormentosa domanda che caratterizza la sua età: "Chi sono io?", "Chi sto per diventare?" È un tarlo in testa che non le da pace, la vaga consapevolezza che dovrà fare tanti tentativi per capirlo, accompagnata dal terrore di non farcela, ed andare in frantumi. Non può più essere la bambina di prima, seppure a volte sarebbe per lei così rassicurante semplicemente andare dalla mamma e abbracciarla per interminabili istanti, ma sa che non le basta più. Al contrario, ci sono momenti in cui immagina di scappare lontano dai suoi che vorrebbero capire ogni cosa di lei, anche prima di lei, sente che vorrebbero avere il controllo su tutto, come se questo poi fosse possibile. E loro sanno che non si può, ma lo spettro di poter essere dei cattivi genitori li terrorizza, è la minaccia indicibile che spesso affianca le madri e i padri.

Lei allora ha lo sguardo triste e l'angoscia preferisce tenersela tutta per sé, perché non vuole dare dispiaceri ai suoi e perché altrimenti si ritroverebbe a urlare con tutto il fiato che ha in gola che non ce la fa più, che al dolore che ha dentro non sa dare una forma ma ne conosce il peso e ha paura di esserne travolta.

Anche questo però ha smesso di funzionare, l'angoscia alla fine è uscita e ha preso la forma di lunghi tagli sulla pelle.

Sento che per lei è stato faticoso venire a parlare con me, la ringrazio per questo, vorrei dirle che l'identità che lei sente così precaria è anche ciò che la rende speciale, ma adesso forse è troppo presto per parlarne. Le spiego che quello che faremo nella stanza della terapia sarà dialogare insieme di ciò che prova e pensa, perché per crescere come si desidera è necessario sentirsi liberi di esprimere se stessi al meglio, e io la supporteró come posso in questo.

Le dico che nel mio lavoro non ci sono certezze, ma ci sono tante speranze, e io ho fiducia che il suo sguardo velato diventerà uno sguardo luminoso e in divenire.



Il racconto nasce dalla fantasia dell'autrice, ogni riferimento a fatti realmente accaduti e persone realmente esistenti è puramente casuale.


La foto raffigura una delle opere esposte alla Biennale Arte di Venezia 2022.

 
 
 

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