Ragioni per continuare a vivere, cerchiamole insieme
- Giulia Scocciolini
- 16 gen 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Nelle prime pagine del suo libro “Ragioni per continuare a vivere” Matt Haig scrive: “[...] l'esistenza di questo libro è la prova che la depressione mente. La depressione fa pensare cose sbagliate. Ma la depressione in sé non è una bugia. Non ho mai provato nulla di più reale. Anche se, ovviamente, è invisibile”.
In queste poche righe emergono diversi elementi che riportano anche le persone in psicoterapia. Una di queste è la divisione che comunemente facciamo tra “mente” e “corpo”, che lo stesso Haig definisce semplicistica e forse parte del problema stesso. Chi soffre di depressione prova un forte senso di solitudine e spesso vorrebbe soffrire di qualsiasi altra malattia, possibilmente traducibile in un referto uscito da un laboratorio di analisi microbiologiche. Lo stigma verso questo tipo di disturbi è ancora molto forte, e un forte stigma può essere collegato alla scarsa conoscenza del problema. La depressione, come altri disturbi cosiddetti “mentali” non sono mai solo tali ma hanno ripercussioni concrete in numerose sfere della nostra vita: dai sintomi fisici (come insonnia o letargia, palpitazioni, aumento o perdita di peso), a pensieri negativi soverchianti e conseguenze dirette nelle relazioni con chi ci sta intorno. Quest'ultimo è frequentemente uno degli aspetti più dolorosi del disturbo.
Eppure, nonostante il forte senso di solitudine, la depressione è solo un'altra delle tante esperienze umane, e come tale sono molte altre le persone che l'hanno vissuta. C'è un capitolo del libro in cui l'autore ha chiesto alle persone che soffrono di depressione di scrivere online cosa le spinge ad andare avanti e le risposte sono state tra le più disparate: “Dopo il 21 dicembre le giornate cominciano ad allungarsi. Ed è una cosa a cui aggrapparsi nei momenti bui”; “Al mattino i cani hanno sempre bisogno di uscire”; “I tramonti. E quel genere musicale specificamente generico che ti entra nella spina dorsale”; “Prima andava meglio e lo farà di nuovo”.
Ogni persona è unica ma i punti di comunanza con gli altri non sono mai da sottovalutare, anche per le esperienze che ci fanno sentire più soli e sofferenti. Proprio perché siamo unici può capitare in molteplici modi che si arrivi a sentirsi come una ruota impantanata nel fango, che gira a vuoto senza possibilità di uscita. Molteplici però sono anche i modi in cui si può trovare una via d'uscita.
Nel libro Haig scrive: “«Non c'è via d'uscita dalla mente?» si domandava Sylvia Plath in un famoso verso. La domanda mi era sembrata interessante […]. Se esiste una via d'uscita, a parte la morte, deve passare attraverso le parole. Ma più che a uscire dalla mente, le parole ci aiutano a lasciare una certa mente e ci danno gli elementi per costruirne un'altra, simile ma migliore, nei pressi della vecchia, ma con fondamenta più solide e spesso una vista più gradevole”.
Ed è proprio questo che si fa quando si entra nella stanza della psicoterapia, si parla insieme delle nuove trame e narrazioni possibili, perché quelle di prima non ci permettono più di stare bene. Nella relazione tra psicologo e cliente si svolge il processo per cercare nuove strade percorribili, avendo ben presente l'unicità della storia e di chi ce la porta, perché sarà quello il punto di partenza per delle nuove narrazioni possibili. Citando Søren Kierkegaard, uno dei filosofi nominati in questo libro: “La vita si può capire solo all'indietro ma si vive in avanti”.

Cretto di Gibellina, Alberto Burri.
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